Roger Fry by Woolf Virginia

Roger Fry by Woolf Virginia

autore:Woolf, Virginia [Woolf, Virginia]
La lingua: eng
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


II

La mostra finì, il trambusto si calmò, ma l’eccitazione rimase. La mostra aveva lasciato una scia dietro di sé. Fry s’era fatto dei nuovi amici, e dei nuovi nemici. Riceveva inviti a cena, a tenere conferenze, a fare discorsi in questa o quella associazione artistica in provincia o nelle università. Tutti gli scrivevano, per esprimergli le loro opinioni, o per chiedergli di spiegare le sue. Il tavolo della sua anticamera – per ricordare alcune impressioni di una visita a Durbins, che ebbe luogo – era cosparso di lettere. Continuavano a insultarlo – «È strano come la gente pensi che siccome a loro non piace una cosa, è stata fatta apposta per insultarla, ma in questo caso sembra proprio così». Le lettere potevano aspettare. La vita familiare era in pieno fermento. Sua sorella Joan non soltanto gli «teneva la casa» – ma stava creando una casa, una casa sicura e felice, per i bambini, che per lungo tempo non ne avevano avuta nessuna. Un bambino tirava le frecce nel giardino; una bambina immergeva il pennello in un barattolo di acqua tinta. La casa nelle vicinanze di Guilford, con le sue stanze alte, era ariosa e spaziosa – «Malgrado la loro leggiadria, odio le stanze elisabettiane coi soffitti bassi, amo invece gli interni dei palazzi barocchi in Italia». Aveva progettato da sé la casa, ed era fiero delle sue proporzioni e delle sue trovate funzionali. La sua stanza da lavoro al piano superiore era piena di utensili di vario genere; era invasa di oggetti, ma secondo un ordine. Montagne di fotografie stavano impilate sugli scaffali, e tutt’intorno quadri e incisioni, stipi italiani e sedie Chippendale, piatti blu persiani, delicatamente smaltati, e rozze ceramiche gialle contadine comprate per un nonnulla alle fiere. Stili e oggetti sembravano mescolarsi a caso, ma armoniosamente. Era una casa stracolma, ma non congestionata, un luogo dove vivere, non un museo. Certamente non era lussuosa – «Date le mie condizioni finanziarie non avrei potuto permettermi una dimora signorile, e dato il mio gusto non lo avrei sopportato». Sembrava vi regnasse una piacevole libertà. C’era tempo – tempo per guardare il giardino, con i fiori che si curvavano sullo stagno; tempo per una passeggiata per raggiungere una veduta che amava, anche se era “solo” il Surrey. Si scusava quasi per la regione, tutta punteggiata com’era di «residenze signorili». «La mia casa è circondata da ville in puro pittoresco signorile, dove negli angoli più impensati spuntano minuscoli frontoni con finestre a feritoie.» Il sentiero che sceglieva tra le colline evitava quelle residenze signorili, ma la sua conversazione no; se la prendeva con gli abitanti di quelle case – col loro snobismo, la loro ottusità, il loro compiacimento, e la loro completa indifferenza all’arte. Ancora si stupiva. Ma l’indignazione presto si scioglieva in una specie di divertita compassione. Quanto si perdevano – quanto poco si godevano i piaceri della vita. Era la passione inglese per la morale, supponeva, e anche il clima inglese. La luce, faceva notare, era piena di vapori. Niente era nitido.



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